La presenza di un contratto scritto è tanto più importante in quanto, per risolvere le questioni sopra elencate non è possibile fare riferimento a una specifica disciplina legislativa: infatti, non esistono nel nostro ordinamento giuridico norme dettate appositamente per il “contratto di sviluppo software” e perciò le regole di riferimento che il giudice applicherà in caso di controversia saranno innanzitutto quelle che le parti stesse hanno pattuito.
In mancanza di accordi specifici tra i contraenti, o nel caso non si riescano a provare gli accordi intercorsi (ad esempio, perché le parti non abbiano un contratto scritto o questo non tratti in modo esauriente tutti gli aspetti del rapporto) il giudice applicherà le disposizioni che la legge stabilisce per il contratto assimilabile a quello in questione, vale a dire le norme del Codice civile relative al contratto d’appalto (artt. 1655 e seguenti), oppure, nel caso il fornitore sia un lavoratore autonomo o piccolo imprenditore, quelle relative al contratto d’opera (art. 2222 ss.).
Si tenga presente che, se le parti non vogliono che trovi applicazione una determinata disposizione normativa, devono esplicitarlo nel contratto, prevedendo espressamente una regola diversa per il loro rapporto.
Infatti, l’art. 1374 del Codice civile stabilisce che: «Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano, secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità». Ciò significa che se il contratto è incompleto e le parti non riescono ad accordarsi su una soluzione accettabile per entrambe nel momento in cui, durante l’esecuzione del contratto, si manifesta la carenza di regolamentazione di un determinato aspetto del rapporto, il contratto verrà a essere integrato (generalmente in giudizio) dalle disposizioni del Codice civile (o di leggi speciali, se ve ne sono sulla materia) e in mancanza anche di queste dagli usi, ovvero, se non vi sono neppure usi sul punto controverso, dall’equità.