Oggi affronteremo un argomento ostico e pieno di insidie, ovvero le tutele che la normativa vigente offre nell’ambito del software informatico.
La specifica tutela normativa del software risale al 1993, anno in cui è entrato in vigore il d. lgs. 29 dicembre 1992, n. 518, che ha dato attuazione in Italia alla direttiva comunitaria 90/250/CEE.
Il software (o meglio, il programma per elaboratore elettronico, come viene definito dal legislatore) ha trovato riconoscimento normativo all’interno della legge sul diritto d’autore (legge 22 aprile 1941, n. 633), che lo qualifica come opera dell’ingegno di carattere creativo, alla stregua delle opere che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura ed alla cinematografia.
La disciplina legislativa riguarda i diritti esclusivi di sfruttamento economico riservati al titolare del diritto d’autore sul programma e le (limitate) facoltà riconosciute al legittimo utilizzatore (artt. 64 bis, 64 ter e 64 quater, inseriti nell’apposita sezione VI, del Capo IV, Titolo I della legge 633/1941). Ulteriori norme completano la disciplina; fra queste, specifiche sanzioni penali per l’ipotesi di duplicazione abusiva del programma: art. 171 bis.
La legge non contiene disposizioni che definiscono e regolamentano le operazioni contrattuali con cui, nella prassi, il software viene commissionato, venduto, o dato in licenza.
Il legislatore ha regolato unicamente l’ipotesi del software creato dal «lavoratore subordinato nell’ambito delle mansioni assegnategli o su istruzioni impartitegli dal datore di lavoro», stabilendo che a quest’ultimo spetta la titolarità del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma realizzato dal proprio dipendente, salvo che le parti si siano accordate diversamente (v. art. 12 bis legge 633/1941).